La terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra (Proverbio dei Nativi americani).

Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli (Proverbio del popolo navajo).

È passato tanto tempo, mi resta il profumo della terra appena arata, il colore dei fiori, un arcobaleno che si allontana mentre ti avvicini e il rombo del fiume in una notte del 1959.

La piena, la piena, avevo 5 anni, la mano tesa a mio padre mentre la fioca luce di una lanterna illuminava il greto del fiume che piano piano veniva inghiottito dalla furia dell’acqua. L’acqua che inonda, che irrora, i giorni d’estate sotto il sole con una piccola zappa deviavo il suo corso mentre lenta dava linfa alle piantine che germogliavano, crescevano, e che a sua volta davano vita, e … ossigeno.

L’acqua che governa le messi, le messi che indorano le colline, il grano …

I covoni, la trebbia, tanti chicchi che riempiono sacchi di iuta, poi grossi contenitori di legno, poi diventano farina, diventano pane, sementi.

E tutto ricomincia.

Il grano, le messi, il foraggio, tanti uomini come tante formiche che raccolgono, conservano, preservano e nutrono.

Nutrono i figli e gli armenti; i gli armenti brucano su distese verdi e la sera ritornano a dare altri alimenti, il latte, la carne o, semplicemente le setole. Armenti o solo compagni da soma che portano addosso il frutto di tanto lavoro nelle dispense per l’inverno o in altri luoghi dove altro lavoro trasforma, produce prodotti, riserve, conserve in un ritmo cadenzato, studiato, che si ripete …

Grano, ortaggi, frutta o uva. Uva, chicchi che dal vermiglio all’oro o al nero accompagnano il nettare che ti disseta, ti sostiene, ti inebria;

l’uva, il vino …

Il vino, il latte, l’olio …

Olio e pane, grano, ulivi, viti, armenti, latte …

Profumi che si alternano a sapori;

sapori che raccontano storie,

storie che riempiono magazzini,

magazzini che racchiudono il lavoro di un giorno, di un anno di una vita.

Storie che si raccontano al desco, che si tramandano, che si perdono nella memoria del tempo, il tempo che oggi corre veloce e travolge emozioni, cancella ricordi e lascia solo la scia di un clic che ti fa scorrere immagini e ti lasciano dentro di un qualcosa che si perde nell’amarezza di non poter recuperare più.