Era il 2009, o forse era prima, o forse sempre.

Un popolo di Calderai che vuole imprimere un ricordo che va scemando nella memoria di chi lo custodisce e viene soppiantato da tanti “made in Cina”.

Ed ecco l’incontro che cambia la vita, un amico o forse l’amico di un amico, un personaggio a suo modo particolare ma che ha in sé una grande qualità: l’amore per i ricordi e i ricordi li trasforma in oggetti, oggetti che cerca in una logica narrativa e colloca in luoghi scene di vita vissuta nel tempo e che forse non ritorna più.

Oggetti, tanti oggetti che raccontano un’era, una civiltà, Civiltà contadina? o Antichi mestieri?

O Arte del rame o, semplicemente un fermo immagine di tante storie, di tanti gesti sapientemente messi in fila e che hanno costituito la nostra generazione, la nostra cultura il nostro essere.

Al primo incontro mi disse: “è dal 94 che ho provato a donare ciò che ho raccolto in tanto peregrinare, oggi è tutto esposto alle intemperie e per quanto lavoro faccio per preservarli si perdono in luogo che non meritano”.

Ammiravo quell’uomo, aveva un tesoro che ho sempre ambito, che volevo acquisire perché diventasse il tesoro di tutti.